Resistenze all’uso generalizzato di un linguaggio non sessista

 

Aumenta l’uso di termini al femminile e l’abbandono del neutro maschile (che in italiano non esiste).
Eppure ci sono ancora tante resistenze all’uso generalizzato di un linguaggio non sessista.
Non ce lo spieghiamo, anche perché non si tratta di grandi cambiamenti, né di appesantire troppo i testi.

Da Alma Mater Studiorum-Università di Bologna Dipartimento di Filosofia e Comunicazione Corso di Laurea in Filosofia Anno Accademico 2014/15, pagina 36
LABORATORIO DI FILOSOFIA NORME DI REDAZIONE DEL SAGGIO FINALEAlma MaterNORME DI REDAZIONE

“7.2 Uso del linguaggio di genere
Per ‘linguaggio di genere’ si intende l’uso «del genere naturale [ingl. gender] di alcuni nomi, cioè del genere che distingue effettivamente gli appartenenti ai due sessi (e non il genere grammaticale, che convenzionalmente possiedono tutti i nomi, anche quelli che designano oggetti inanimati» (BELTRAMO/NESCI 2011, p. 981). A questo proposito, è raccomandabile un uso del linguaggio di genere (e in particolare di elementi morfologici come le desinenze maschili e femminili) che non discrimini le persone di sesso femminile privilegiando il genere maschile e tramandando tutta una serie di pregiudizi negativi nei confronti delle donne. Lo scopo è quello di evitare il «sessismo linguistico» e di fare un uso della lingua rispettoso di entrambi i generi.
Semplificando una materia certamente complessa, si possono dare almeno le seguenti indicazioni:
(a) Non usate ‘l’uomo’ se volete riferirvi a uomini e donne. Tra l’altro, in filosofia, si tratta spesso di una cattiva traduzione del greco ánthropos, del latino homo o del tedesco Mensch, che invece sono termini inclusivi (e distinti quindi da anér, vir e Mann). In alternativa, ‘l’essere umano’ o ‘l’individuo’, ‘la persona’, ‘le persone’ o appunto ‘gli uomini e le donne’ o ‘le donne e gli uomini’ vanno bene in quasi ogni contesto.
(b) Non usate l’articolo per i nomi propri femminili: non ‘la Arendt’, ma ‘Hannah Arendt’ o ‘Arendt’.

N.B. Quest’uso dell’articolo determinativo davanti ai nomi propri femminili è un errore non solo per quanto riguarda il linguaggio di genere naturale, ma anche per quello di genere grammaticale: infatti la grammatica della lingua italiana vieta come localismo linguistico, cioè come pratica comune locale della lingua parlata, l’uso dell’articolo determinativo davanti ai nomi propri di persona in generale, sia maschili sia femminili;
(c) Usate per quanto possibile il femminile per nomi di professioni e ruoli, laddove previsto dalla lingua: per es. ‘la professoressa’, ‘la scienziata’, ‘la dottoressa’, ecc.”
Commento di Aspettare stanca :
A volte basta usare entrambi gli articoli separati da / e sostituire la finale del sostantivo con un asterisco o la chiocciola. Esempio le/i bambin* . (solo due caratteri in più)
Oltre alle disposizioni dell’Unione Europea, gli esempi virtuosi come quello dell’italiano nei mass media svizzeri, gli approfondimenti delle linguiste che seguono il tema anche su FACEBOOK e le precisazioni dell’Accademia della Crusca, ricordiamo che la Carta europea della parità e dell’uguaglianza delle donne e degli uomini nella vita locale si occupa anche del linguaggio.
Vedi
https://aspettarestanca.wordpress.com/2013/02/04/per-saperne-di-piu-sulla-carta-europea-della-parita-e-delluguaglianza-delle-donne-e-degli-uomini-nella-vita-locale/

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